L’arte si mischia al cibo e il cibo diventa momento e mezzo di condivisione di un’esperienza attiva: abbiamo trascorso una giornata intera con il duo Panem et Circenses alla Galleria Spiazzi di Venezia per la prima tappa del loro progetto “Fondi di Carciofo” ed ecco quello che ne è uscito.
Chi ha partecipato lo scorso sabato a Fondi di Carciofo – progetto pilota di un format itinerante presentato per la prima volta a Venezia – ha di certo avuto la netta sensazione di assistere non a un semplice “evento di cultura”, bensì di essere parte di un’opera d’arte collettiva, dove tutti, indistintamente, hanno creato continue interazioni, spinti dalla voglia di condivisione.
La curiosità, come elemento comune, ha permesso di dare il via a un processo suddiviso in tre fasi, i cui passaggi sono stati scanditi dagli interventi degli artisti Panem et Circenses e dalla curatrice Silvia Petronici. Tutte le azioni svolte non erano fine a loro stesse, ma così concatenate e ben orchestrate che si è innescato un processo in grado di trovare da sé una conclusione naturale all’epilogo della giornata.
La prima fase, Happening, ha indagato il rapporto Agricoltura–Esperienza. Ogni partecipante ha inizialmente scambiato un etto di farina portato da casa con un etto di chicchi di grano monococco e ha lasciato segno del proprio passaggio disegnando una spiga. Grazie ai mortai e ad un mulino, il grano è diventato farina, focalizzando l’attenzione su una serie di attività e gesti caratterizzati da un tipo di lentezza che, al giorno d’oggi, sembra non sia più possibile permettersi.
Il pranzo ha proiettato tutti nella seconda parte del progetto, Installazione, i cui main focus sono stati Cibo ed Artificio. Un connubio presente materialmente sulla tavola, apparecchiata con materiale di tinta turchese, colore artificiale non presente nel mondo alimentare, ed imbandita con porzioni di una zuppa biologica. A seguito della visione di alcuni video e di una lezione esplicativa sulla permacultura, citando artisti importanti come Maria Lai e Joseph Beuys, i partecipanti hanno operato contemporaneamente su due livelli: lavorare manualmente la farina precedentemente prodotta per ottenere la pasta; realizzare parte dell’installazione creando la colla con la farina portata da casa. L’attenzione passa dalla collettività al singolo: ognuno, a seguito di una breve intervista nella quale definisce il proprio concetto di cibo artificiale e cibo biologico, è stato accompagnato in una “seconda dimensione”, diventando parte integrante di un’installazione da fruire nella massima libertà.
Al termine della giornata è stata introdotta la terza fase, Performance, dove Relazioni e Sentimenti sono stati condivisi. Un rapporto biunivoco-alimentare ha unito maggiormente gli artisti ai partecipanti. Questi ultimi hanno offerto il proprio “cibo sentimentale” agli artisti esprimendo il perché della scelta e, in cambio, hanno ricevuto dagli stessi un simbolo di ringraziamento, identificato in uno spicchio di mela.
L’evento si è concluso in un momento conviviale, la cena, dove ormai non c’erano più timori o restrizioni di sorta, e dove si è potuta mangiare la pasta, il prodotto finale di quest’opera d’arte attiva.
Giovanna Aliprandi
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