Arte e Fotografia

Carol Rama, l’anticonformista

In occasione dei cento anni dalla nascita di Carol Rama (1918-2015), la Galleria Il Ponte di Firenze presenta un’ampia mostra dedicata alla eccentrica artista torinese. Attraverso una selezione di 38 opere tutte realizzate tra il 1942 e il 1997, la mostra ripercorre l’incessante sperimentazione di tecniche, materiali e soggetti iconografici dell’artista, lungo i momenti più importanti del suo articolato percorso e della sua straordinaria vita.

Olga Carolina Rama, nota come Carol Rama, il cui lavoro anticonformista e totalmente slegato da insegnamenti accademici, emerge nel contesto artistico-culturale della Torino degli anni Trenta e Quaranta del Novecento, per poi attraversare l’intero secolo, fino ai primi anni del nuovo millennio, con la stessa passione, energia  e vitalità dei suoi inizi.

La bella mostra, visitabile fino al 9 febbraio 2019, è curata da Bruno Corà e da Ilaria Bernardi, e dimostra ancora una volta una straordinaria attenzione nella scelta delle opere da parte della galleria fiorentina di Andrea Alibrandi, per non parlare della coraggiosa scelta di occuparsi di una pittrice donna, ancora oggi decisamente rara, non solo a Firenze.

Dai primi disegni e acqueforti su carta degli anni Quaranta, legati al Surrealismo, a Dubuffet e all’Art Brut, che già mostrano una grande maturità tecnica e d’ideazione, ma anche alcuni rari lavori degli anni Cinquanta, riferiti all’esperienza astrattista di Carol Rama all’interno del gruppo torinese del MAC-Movimento d’Arte Concreta (sarà con lavori astratto-concreti che parteciperà alla Biennale di Venezia nel 1948 e nel 1950). Inoltre in mostra c’è una selezione di opere relativa al decennio Sessanta, che documenta invece la svolta decisiva del suo percorso artistico: su macchie di colore di ascendenza informale sono applicati oggetti d’uso, quali strumenti medicali, trucioli metallici, occhi di bambola (objet trouvé), che diventano essi stessi forma e colore. Agli anni Settanta sono ascrivibili invece le opere in cui i due materiali extra-pittorici, per cui Carol Rama è maggiormente conosciuta, le camere d’aria e le guarnizioni in gomma utilizzate al posto del colore e applicate su tela, entrano a far parte delle sue composizioni. Concludono la mostra importanti opere realizzate nel corso degli anni Ottanta e Novanta, che sono sintomo di un volontario e sentito ritorno alla figurazione. Corpi, lingue, organi genitali, scarpe a forma di falli, dentiere, figure e animali fantastici, elaborati su carte prestampate, spesso disegni tecnici di architetti e ingegneri usati come supporto, esprimono il perenne desiderio di Carol Rama di fondere arte, vita e immaginazione, confermando quanto da lei rivelato a Lea Vergine nel 1985: “Ho sempre amato gli oggetti e le situazioni che venivano rifiutati”.

Una vita lunga e senza dubbio fuori dal comune la sua. Di lei sappiamo che iniziò a dipingere ancora adolescente senza alcuna formazione accademica, ispirata dagli ambienti dell’avanguardia, e sostenuta nella sua predilezione artistica da alcuni incontri fondamentali, primo fra tutti Felice Casorati. Tantissimi saranno i rapporti con amici intellettuali di chiara fama, da cui ha assorbito informazioni, conoscenze, stimoli. Ricordiamo il poeta Edoardo Sanguineti, il musicologo torinese Massimo Mila, il pittore Albino Galvano, l’architetto Carlo Mollino, il critico Paolo Fossati, Carlo Monzino, Luciano Berio, Eugenio Montale. Agli inizi degli anni Settanta sarà il gallerista Luciano Anselmino ad aprirle la strada ad alcune importanti relazioni internazionali, come quella con Man Ray, Andy Warhol e Picasso. Artista prolifica e intensa fin da subito fa della pittura una pratica costante, un filtro attraverso cui elaborare immagini e oggetti del suo mondo quotidiano e, contemporaneamente, un mezzo con cui gestire sofferenza e convertirla in arte. Infatti a seguito di alcuni dolorosi fatti familiari, tra i quali la malattia psichiatrica della madre e il probabile suicidio del padre, Carol Rama usa l’arte per esorcizzare paure e sofferenze.

Noncurante delle reazioni dei benpensanti e delle mode artistiche, la Rama esprime con crudezza e scabrosità il suo mondo interiore già da quando aveva vent’anni, tanto che la sua prima mostra personale, che risale al 1945 alla Galleria Faber di Torino, fu chiusa prima ancora di aprire i battenti.

In seguito all’incontro con Lea Vergine, il 1980 vede Carol Rama presente con numerosi lavori degli anni Trenta e Quaranta nella mostra itinerante sulle grandi artiste del Novecento intitolata “L’altra meta’ dell’avanguardia”. Sempre a cura di Lea Vergine è la prima ampia mostra antologica realizzata presso il Sagrato del Duomo di Milano nel 1985. Mostre pubbliche, come la sala personale alla 45° Biennale di Venezia nel 1993 a cura di Achille Bonito Oliva e allestita dall’amico Corrado Levi, e l’antologica allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1998, poi all’ICA di Boston) a cura di Maria Cristina Mundici, la portano all’attenzione del pubblico internazionale. Il grande riconoscimento pubblico sul suolo italiano le arriva nel 2003, quando riceve il Leone d’oro alla carriera in occasione della 50° Biennale di Venezia. Nel 2004 anche la sua città natale le dedica un’ampia antologica, presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a cura di Guido Curto. Seguono altre importanti mostre, tra le quali nel 2008 la mostra antologica di Carol Rama al Palazzo Ducale di Genova. Su segnalazione dell’Accademia Nazionale di San Luca Carol Rama, rappresentata da Corrado Levi, la Rama riceve il prestigioso Premio Presidente della Repubblica dal Presidente Giorgio Napolitano nel gennaio 2010.

Il suo ultimo lavoro conosciuto è del 2007, che chiude una lunga e intensa carriera durata oltre settant’anni, durante i quali Carol Rama fa della sperimentazione la sua bandiera, in cui tutti i suoi lavori risultano di grande capacità tecnica e d’ideazione. Il suo lavoro così profondo e tormentato, ma allo stesso tempo a suo modo elegante ed esteticamente controllato, meriterebbe molta più attenzione da parte del grande pubblico, a cui purtroppo, nonostante i molti importanti riconoscimenti, ad oggi è quasi sconosciuta.

Cecilia Barbieri 

About the author

Cecilia Barbieri

Nata a Firenze, dove vive e lavora, ha conseguito la Laurea in Storia dell’Arte all’Università di Firenze. Ha lavorato nell’organizzazione di mostre ed eventi e ha curato nel corso degli anni diverse pubblicazioni di Storia dell’Arte e di Storia del territorio. Giornalista pubblicista collabora costantemente come freelance con diverse testate di settore.

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