Arte e Fotografia

Babel, o la storia che si ripete

© Michela Battaglia | Stefano De Luigi

Il 9 maggio inaugura al Palazzo Ducale di Genova Babel, un progetto fotografico di Michela Battaglia e Stefano De Luigi ispirato all’attentato al Bataclan (Parigi, 2015).
Il lavoro, a cura di Chiara Oggioni Tiepolo insieme a Gloria Viale, pone una riflessione visiva sull’uso della fotografia attraverso testimonianze e scatti della cartellonistica pubblicitaria della metropolitana di Parigi e di immagini estrapolate dalle riviste di propaganda Daesh.

È una raffigurazione della guerra perseguita con altri mezzi, combattuta su altri campi, tra un Occidente che accusa una perdita di identità e un fantomatico Califfato che propone valori radicali che stravolgono una delle religioni più importanti del mondo.
Siamo osservatori neutrali o siamo ostaggi inconsapevoli?
Da questa domanda lecita nasce Babel, dalla constatazione di essere i gessetti colorati che scrivono incoscienti una storia. Individui impotenti, testimoni che, malgrado loro, attraversano un cambiamento epocale.

Il risultato è una manipolazione digitale. Michela Battaglia (’82) e Stefano De Luigi (’64) partono da un omaggio a Mimmo Rotella e scelgono come punto di incontro un quadrato bianco dove si trovano, su un nuovo piano, le loro diverse generazioni ed educazioni visive. Così le stratificazioni di fotografie pubblicitarie e propagandistiche danno vita a nuove immagini che, in qualche modo, costringono a fermarsi.
In esposizione ci sono 32 opere, alcune delle quali prevedono l’intervento dello spettatore stesso, nel tentativo di svelare i diversi piani che compongono l’immagine.

Salah Abdeslam, 26 anni, francese nato a Bruxelles. Bilal Hadfi, 20 anni, francese. Ibrahim Abdeslam, 21 anni, fratello do Salah. Qualcuno, leggendo la prima riga, non riconoscerà quei nomi. Sono quelli di alcuni degli attentatori del Bataclan e dello Stade de France, sono gli autori dell’11 settembre dell’Europa, i protagonisti di una cesura netta, fondamentale, fra quello che fu e quello che è. Sono le persone che ci hanno portati a coniare un nuovo slogan: “terroristi in casa nostra”. Non venuti da fuori, dunque, non stranieri, non estranei. Sbagliato. Loro sono estranei, perché da tali son stati trattati, nonostante una nascita regolare, un passaporto europeo, una crescita in quelle capitali illuminate che hanno fatto della capacità di integrazione il loro vessillo, il loro vanto. Tutte bugie. Sarebbe errato, per quanto facile, attribuire tutta la colpa a un soggetto solo. O due. Sarebbe ancora una volta distogliere lo sguardo, puntare il dito, utilizzare uno stratagemma che autoassolve. In linea perfetta con quello che la nostra religione ci ha insegnato.

Questa storia comincia in Francia, a Parigi, alla vigilia del giorno che ha mutato le regole del perdono rivolto a se stessi. Perché si poteva prevedere sarebbe successo. Giovani europei che si sono “radicalizzati”. Nella speranza di un futuro migliore, qui o in un’altra dimensione, per se stessi e i propri cari. Ricorda qualcosa?

Giudizi preconfezionati scorrono sul nastro delle prime pagine dei giornali, nei titoli dei telegiornali, sulle copertine delle riviste. Favorendo l’elevazione a potenza del concetto di straniero, dell’idea di estraneo, un altro da sé con cui non si può, non si deve scendere a compromessi. Perché ci distruggerà tutti. Non importa che abbia la faccia di un poco più che adolescente, il nervosismo tipico di quell’età e la rabbia, la frustrazione di vedersi preclusa la realtà che lo circonda. E il desiderio, legittimo, di sentirsi al centro di qualcosa. Poco conta che la propaganda di Daesh, guarda caso, abbia fatto propri i basilari concetti del marketing occidentale. Qualcosa di simile a quegli stessi manifesti pubblicitari che campeggiano nelle metropoli e nelle metropolitane di tutte le nostre capitali.

Michela Battaglia e Stefano De Luigi ci costringono all’analisi, regalando delle immagini perfino gradevoli all’impatto, ma che deflagrano a uno sguardo più attento. Mimmo Rotella che strizza l’occhio ai videogiochi. La leggiadria dell’estetica alza il suo velo su un pensiero denso, che resta appiccicato addosso anche se non lo si vuole, in una sequenza di piani di lettura che costringe alla pausa, alla riflessione. Due generazioni distinte, diverse abitudini di linguaggio, contaminazioni distanti fra di loro. Ma una profondità quasi simbiotica.

C’era una volta la pubblicità, una macchina dei desideri in perenne funzionamento. Poi comparve un cartello con su scritto “divieto di accesso”. Ma arrivò qualcun altro, da lontano, a suggerire che un meccanismo quasi gemello poteva esistere, ed era proprio dedicato ai reietti.

“E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?//Era una soluzione, quella gente”, scriveva Costantino Kavafis. Decisamente servirebbero, quanto meno per non diventarlo a nostra volta. (Chiara Oggioni Tiepolo, curatrice della mostra).

© Michela Battaglia | Stefano De Luigi
© Michela Battaglia | Stefano De Luigi
© Michela Battaglia | Stefano De Luigi
© Michela Battaglia | Stefano De Luigi
© Michela Battaglia | Stefano De Luigi

About the author

Laura Carnemolla

Laura Carnemolla (Messina, 1981). Laureata a Viterbo in Conservazione dei Beni Culturali, si è specializzata con Master in Gestione dei Beni Culturali ed Eventi. Fino al 2014 ha lavorato sui set cinematografici all'interno del reparto fotografia. Vive a Roma, collabora stabilmente con Officine Fotografiche Roma.

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