Arte e Fotografia

ARTIST TO BE | Azzurra Guerrini

Per tutti quelli che “Firenze è una città artisticamente morta”; per tutti quelli che “Firenze è solo la culla del Rinascimento”: in questa rubrica scopriamo e intervistiamo i possibili talenti  “in erba” che si stanno formando nel capoluogo toscano. Nel quinto appuntamento, incontriamo Azzurra Guerrini: classe 1990, nata a Grosseto e studentessa all’Accademia di Belle Arti di Firenze.

 A cura di Chiara Lupo

 

Sei la seconda fotografa alla quale Memecult dedica un’intervista. Raccontaci come ti sei avvicinata a questa forma d’arte e qual è stato il tuo percorso formativo.

La macchina fotografica mi ha sempre affascinato e fin da piccola mi sono avvicinata a questa forma d’arte grazie a mia madre. A quel tempo lei lavorava in un negozio di fotografia e nella mia ingenuità da bambina pensavo che potesse essere facile anche per me fotografare. La mia prima digitale l’ho ereditata proprio da lei, una fujifilm finepix; ricordo che iniziai a portarmela dietro ovunque e a fotografare i miei compagni di classe… Penso fosse il mio modo di partecipare al gruppo, da lì in poi ho continuato sempre a fotografare le persone che mi circondavano. La “svolta”, se vogliamo chiamarla così, è avvenuta quando mi sono trasferita a Firenze e ho iniziato a frequentare l’Accademia. Il primo periodo non è stato proprio brillante, avevo problemi personali, in accademia mi sentivo fortemente spaesata e quindi fotografavo poco ma in compenso disegnavo molto. Passavo tre giorni a settimana a disegnare la modella così sono iniziati i miei studi sul corpo e pian piano ho trasferito il lavoro che facevo con il disegno nelle polaroid. Ho iniziato con composizioni di parti del corpo, un lavoro di osservazione che mi è servito anche a livello personale per migliorare il rapporto con il mio corpo e la percezione di me stessa. Ma questo è stato l’inizio, poi il mio linguaggio si è evoluto e quindi dal particolare sono passata al tutto. Adesso è difficile che torni a fotografare i dettagli, li considero quasi una forma espressiva claustrofobica, probabilmente era una mia necessità personale di osservazione, quasi maniacale, del corpo che avevo davanti, in quel momento. Ad oggi preferisco il corpo nella sua interezza, libero all’interno del riquadro della foto.

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Nella maggior parte dei tuoi scatti prediligi il corpo nudo, contorto, senza volto e mostrato allo spettatore così com’è, cioè con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Ciò che ci colpisce, ed è quello che rende le tue foto uniche in questo genere, è la capacità che dimostri nel rendere questi corpi “silenziosi”. I tuoi soggetti sono sempre colti in atmosfere intime dalle quali emerge una forte sensibilità, la sensibilità del tuo sguardo. Come è nato questo interesse?

L’esigenza del corpo nudo è nato dal mio bisogno di indagare l’altro, cioè il corpo diverso dal mio. Fotografare il nudo è stato terapeutico per accettare prima di tutto il mio corpo. Ho cercato di indagarlo nel modo più sincero possibile mostrandone e valorizzandone i pregi e i difetti in quanto caratteristiche uniche; l’intimità penso venga di conseguenza: mi piace conoscere il soggetto che ho davanti, sia per poterlo trasporre nella foto nel modo più naturale possibile sia per sapere anche fino a che punto posso spingermi. La scelta della camera è avvenuta perché avevo in mente delle foto per una mostra che stavo organizzando e da lì in poi ho continuato, è sempre “utile” quando fotografo per la prima volta qualcuno perché è uno spazio neutro e da lì posso osservare, studiare, scattare e capire meglio cosa posso tirar fuori da una persona ma, dopo 7 anni, sento l’esigenza di uscire fuori da quelle quattro pareti bianche.

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Guardando le tue foto emerge anche una certa disinvoltura da parte dei soggetti che fotografi, probabilmente anche questa è una delle cose più difficili che un fotografo deve essere in grado di fare quando si parla di nudi. Parlaci di questo aspetto. Hai progetti futuri?

In generale tutte le ragazze che fotografo sono amiche, o se non lo sono poi lo diventano, quindi si instaura una relazione di fiducia reciproca che porta a non avere problemi a realizzare qualsiasi richiesta, ad ogni modo prima di fotografare faccio sempre degli scatti di prova per far capire quello che voglio fare. Mediamente gli scatti possono durare anche un pomeriggio intero quindi le dinamiche dall’inizio alla fine dello shooting cambiano, cerco sempre di distrarre le modelle dall’obiettivo per far sciogliere la tensione e lasciarle libere, per il resto giro attorno al soggetto, non impongo niente e tutto viene da sé. Di certo la parte che apprezzo di più è quando mi dicono che sono riuscita a tirar fuori parti di sé che non pensavano potessero essere piacevoli, che le ho fatte sentire belle. Questo mi fa stare molto bene. Per quanto riguarda i progetti ne ho un paio in mente ma per scaramanzia preferisco non dire nulla.

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About the author

Chiara Lupo

Chiara Lupo nasce a Palermo nel 1988. Si è laureata al corso magistrale in Storia dell'arte presso l'Università di Firenze. Ha lavorato nel campo della didattica museale, della catalogazione dei beni culturali e per riviste d'arte online. Oggi vive e lavora a Firenze.

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