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Appunti dalla quarantena #11

L’atmosfera di sospensione in cui tutta Italia è immersa a causa dell’emergenza Corona Virus, porta con sé riflessioni, contraddizioni e cambiamenti di un “tempo nuovo” che è ancora tutto da decifrare. Abbiamo chiamato a raccolta le nostre penne (e oltre!) per condividere brevi pensieri sulla condizione che stiamo vivendo, nelle tante sue sfumature. Ecco alcune “pagine di diario”, che pubblicheremo periodicamente in queste settimane: abbiamo uno spazio a disposizione – il nostro sito – e vogliamo in questo momento renderlo utile per questo fine.

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Una posa di yoga molto difficile. Da pochi anni pratico costantemente yoga. Inutile dire che mi ha cambiato la vita, sia a livello personale che professionale. Una delle cose che vengono spiegate da subito, è che non è importante eseguire una posa alla perfezione, con gambe super flessibili e una forza smisurata nelle braccia. La cosa più importante è saper stare fermi in qualsiasi posa in modo sereno e a proprio agio con se stessi. 

Come si vive una posa è molto personale: a qualcuno certe pose riescono naturalmente comode, per quanto assurde, altre provocano disagio e stress e quei cinque respiri profondi e lenti (una buona durata per qualsiasi posa) risultano eterni e faticosi.

Molti studenti escono dalla posa sbuffando, scocciati dal fatto che non sono riusciti a eseguirla in modo corretto, altri perché pensavano risultasse semplice ed altri ancora perché non erano “belli da guardare”. All’inizio anche io mi sentivo cosi, frustrata se una posa non mi riusciva, scocciata e delusa. Col tempo, ho imparato che ogni posa e il disagio che proviamo nell’eseguirla deve avere un motivo, una ragione. Incoraggiata dal mio insegnante, nei momenti di disagio e frustrazione, ho cominciato a domandarmi: “Cosa mi dà fastidio? Cosa mi provoca disagio?”. 

Non è facile avere le risposte la prima volta. Bisogna avere una grande capacità di sapersi ascoltare e di essere spudoratamente sinceri con sé stessi. E viene spontaneo chiederselo: e una volta che si sono capite le ragioni del fastidio e del disagio? 

Si accettano. Ci si accetta. Con pace e serenità. Perché tanto, si sa, che quella posa prima o poi finirà. Che col tempo quella posa sarà sempre meno fastidiosa, creerà meno disagio. Sarà quasi piacevole. Darà grande soddisfazione eseguirla senza stress, sapendo di averlo vinto. Quei cinque respiri porteranno grande pace interiore. Ci vuole pazienza e amore verso sé stessi.

Questa quarantena è esattamente come una posa di yoga, che risulta molto difficile e crea disagio a tante persone. Ma cosa si può fare per vivere meglio questa “posa”, rendendola addirittura utile a noi stessi e alla nostra crescita personale? Al nostro stare bene? 

I miei primi giorni sono stati molto duri: vivendo all’estero e sapere la mia famiglia e i miei amici lontani in Italia, residenti nelle zone più colpite dal virus, non faceva altro che destarmi preoccupazioni e paure. Fino a quando non ho realizzato che le mie giornate, vivere in questa situazione, non era altro che vivere costantemente in una posa. anche io in questa posa. Ed è stato lì che ho realizzato una cosa: quante altre volte mi sono trovata in pose, situazioni, momenti difficili, che mi creavano dolore o forte disagio? Avevo la possibilità di uscirne? Avevo un interruttore per spegnerle in un secondo? Ero libera di prendere tale decisione? Non sempre.

Tutti i nodi si sciolgono, le situazioni difficili passano e i momenti brutti scivolano via nel tempo: quello che resta è la grande capacità di saperli vivere con serenità e pace. 

All fine, questa situazione è come una posa di yoga molto, molto difficile.

Guya Maggi, Amsterdam – Olanda 

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Da che parte vorremo stare? Lo schiamazzo allegro di miriadi di pennuti che cinguettano all’alba nei cortili. I pesci che guizzano spavaldi nei canali di Venezia. Delfini che ruotano pieni di gioia in un porto, fra le barche ormeggiate. E’ meraviglioso. È meraviglioso? Lo è, e mette i brividi.
E’ come se in questo tempo sospeso di rifugio dell’uomo nella sua dimensione privata, molte creature avessero lasciato i propri di rifugi, per uscire allo scoperto, per riprendere possesso dei propri ecosistemi di appartenenza, e celebrare l’essere vive in questo nuovo mondo innocuo.
E’ come se gli animali, sull’intero pianeta, si stessero comunicando fra loro un “via libera”. L’uomo non c’è più, possiamo tornare a perderci in questa nostra Madre terra e godere della natura, dell’acqua pura, dell’aria fresca, dell’erba alta, delle fronde degli alberi, possiamo persino osare addentrarci negli spazi urbani di quelle città asfissianti e psicotiche che ci stavano avvelenando e che adesso sembrano soltanto castelli vuoti di carta, silenziosi come cimiteri, persino più fragili di certi nidi di rondine intrecciati a mezz’aria. Non esistono più le città, esistono spazi puri.
E’ straordinario e commovente che il regno animale stia assaporando questa rivincita, ma genera in noi consapevolezze strazianti. Esaurito l’entusiasmo, questo dovrebbe farci sentire come se fossimo IL MOSTRO in un film per bambini. La natura ci sta dando una seconda possibilità, e potrebbero non essercene molte altre. Mi auguro che quando si sia tornati alla normalità, vengano prese delle misure per salvaguardare e proteggere questo antico equilibrio ritrovato e questa libertà che la natura sta riscoprendo dopo molto tempo. Dopotutto, noi pure siamo stati costretti a rintanarci nei nostri rifugi, colpiti e braccati da un nemico invisibile che non riusciamo a gestire, noi specie evoluta, e molto sangue sta ancora scorrendo. Ci siamo rifugiati da Mostri, ma quando ritroveremo la nostra libertà forse ci sentiremo come quei delfini. E allora da che parte vorremo stare? Chissà se avremo l’umiltà e l’accortezza di tornare ad abitare i luoghi di questo pianeta da creature libere, da ospiti rispettosi, e non da Mostri.
Michela Bassanello, Milano