Un manoscritto inedito (e purtroppo mai terminato) da poco ritrovato nella casa romana dell’autore getta nuova luce sulle vicende del cult “Arancia Meccanica”.
Riusciamo, per la prima volta dall’uscita del romanzo nel 1962, ad ampliare il contesto della storia di Alex che la società prova a curare con una violenza pari a quella non-sense da lui esercitata sulle sue povere vittime. Nelle 200 pagine di “A Clockword Condition”, Anthony Burgess riprende le fila di molti spunti scaturiti dal suo romanzo, raccogliendo pensieri e riflessioni su violenza, crimine e punizione oltre che più in generale sulle condizioni dell’essere umano. È lui stesso a definirlo un lavoro filosofico sulla contemporaneità, sottolineando le sue preoccupazioni sull’impatto di tecnologia e nuovi media sul genere umano.
Viene anche citata la controversa vicenda cinematografica che coinvolse l’adattamento diretto da Kubrick. Il regista infatti, spaventato dal rischio di una diffusione di violenza emulatrice, fece sì che la pellicola fosse ritirata dalle sale del Regno Unito, dove vi tornò solo dopo la sua morte nel 1999. Una curiosità svelata è anche quella relativa all’origine del nome, da attribuirsi a una frase da lui origliata in un pub londinese, in cui un anziano signore definiva qualcuno “as queer as a clockwork orange”. In questo caso il termine queer è da intendersi come matto, dunque ben lontano dall’accezione con cui siamo oggi abituati a usarlo.
Purtroppo, Burgess abbandonò il manoscritto nel momento in cui, come da lui affermato, “realizzò di essere uno scrittore e non un filosofo”, ma alcune di queste riflessioni sembrano trovare una conclusione nel testo autobiografico “The Clockwork Testament”, pubblicato nel 1974.
Sara Bimbi
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