MEME TOPICS

2° giovedì del mese | #MeToo, le nuove catene

Ha senso ridurre un tema pesante, atavico e controverso come la violenza sulle donne a un trend topic, a un hashtag molto apprezzato sui social, a una catena di Sant’Antonio 3.0?

È quello che sta accadendo con #MeToo, il “sì, anch’io sono stata molestata” che imperversa dopo lo scoppio del caso Weinstein.

In origine, “Me too” era la risposta che Tarana Burke, attivista contro gli abusi e il razzismo verso le donne, aveva dato ad una vittima di tredici anni e da lì la stessa Burke l’aveva usata come slogan per affermare l’empatia prima di tutto.

Senza dubbio una donna violentata, a maggior ragione se minorenne, ha fortemente bisogno di empatia. Contro il senso di colpa, di sbaglio, di male assoluto e unico, sapere di non essere soli e che qualcun altro sa a pieno cosa vuol dire quella terribile esperienza vale moltissimo.

Un conto però è l’empatia intima, altra cosa è invece l’empatia pubblica. Non per forza quest’ultima ha un’accezione negativa, però rispetto a quella intima può degenerare in una mera forma di comunicazione, capovolgere le cose e da benevolo conforto diventare espressione del desiderio di far mostra di sé in pubblico, che è la caratteristica della nostra epoca.

Lo scorso ottobre, l’input per usare ancora “Me Too” e farlo diventare un hashtag è stato dato su Twitter da Alyssa Milano, attrice di Streghe, che ha chiesto anche di commentare condividendo le proprie esperienze. Da lì #MeToo è stato usato da milioni di persone, da solo o in post più articolati, fino a diventare, come se fosse un unico essere vivente, persona dell’anno per la rivista “Time”.

Moltissimi i nomi noti che vi hanno aderito, tra cui c’è pure Uma Thurman. Intorno a lei si era creata una certa suspense, come per una nuova puntata cruciale di una serie, dato che in un’intervista alla domanda sul caso Weinstein aveva risposto di essere ancora troppo arrabbiata per parlare. Ha così aspettato fino al giorno del Thanksgiving per far uscire il suo #MeToo in un post su Instagram che sembra scritto proprio dal personaggio di Kill Bill, perché si conclude con un “you don’t deserve a bullet” rivolto a Weinstein, che fu produttore del film.

Con Weinstein si è dunque aperto un vaso di Pandora, ennesima conferma del fatto che l’essere donne ci espone alla violenza. Belle o brutte, giovani o vecchie, siamo quell’oggetto di desiderio che accende l’istinto ferino e ormonale degli uomini. È come se fossimo primitivi allo sbaraglio: anche solo uno sguardo viscido gettato sulla tua minigonna può equivalere ad essere presa e trascinata per i capelli come un oggetto utile soltanto a soddisfare i virili bisogni. Può far male, quasi quanto tutti quegli abusi e soprusi che, malgrado le conquiste fatte, l’uomo sarà sempre in grado di compiere verso il gentil sesso.

Noi donne, però, non siamo sempre e solo vittime. Il manicheismo, il bene contrapposto al male non ha senso e tutto è un gigantesco tao di compenetrazioni, di giusti che diventano sbagliati e viceversa. Questo non per dire che chi è vittima se l’è cercata, terribile modo di rivoltare le circostanze. Ma per dire semplicemente che la capacità di attrarre l’uomo è un’arma a doppio taglio, che usiamo anche a nostro favore e per ottenere ciò che vogliamo.

La questione è quindi indubbiamente complessa e anche se l’intento di far uscire le persone allo scoperto, liberarle dal timore all’insegna dell’empatia ha senso, ora tutto pare essersi ridotto a semplice gossip, a morbosa e spicciola curiosità verso chi pubblicherà il prossimo #MeToo, per commentare con un “ma dai, anche lei” e far finire tutto lì.

Ha senso vivere di campagne pubblicitarie, darsi soltanto una mano virtuale in una nuova catena di vane speranze? Sì, può darsi, ma anche no.

 Alessandra De Bianchi

About the author

Alessandra De Bianchi

Classe 1984, due figli maschi, un gatto, un marito e una laurea magistrale in Filosofia. Lavoro: scrittura e correzione testi su commissione come libera professionista, per chiunque ne abbia bisogno. In passato: galleria d’arte, casa editrice e ufficio stampa, collaborazioni come editor, organizzazione eventi e partecipazione come autrice al romanzo In territorio nemico, minimum fax 2013.

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