Tra vent’anni useremo ancora il più popolare social network? Che fine faranno gli archivi di immagini, notizie e tutto ciò che ci stiamo mettendo dentro?
Che ne sarà di Facebook tra circa vent’anni, ma anche solo dieci? Ogni giorno, una sbirciatina a quello che gli altri dicono, fotografano… insomma postano, ognuno di noi la dà. Alla ricerca di un contatto, di una visione al di fuori. Oppure c’è chi ci lavora, crea eventi, sponsorizza, non potendo più prescindere dalla condivisione social per la propria attività.
Cosa ne sarà dunque di noi, del nostro modo di comunicare, degli archivi di memorie che inevitabilmente stiamo creando?
Sul «The Guardian» dicono che già nel 2017 ci sarà un forte calo di interesse. Di sicuro, se non in modo così imminente, prima o poi la “piattaforma di facce” si avvierà al suo declino. Per le nuove generazioni nasceranno certamente nuovi luoghi virtuali, nuove forme di condivisione generate da un tempo futuro che ancora ha da venire.
E per noi, vecchi utenti che nei prossimi decenni saremo oltre il mezzo del cammino della nostra vita?
Forse subentrerà, come molti pronosticano, l’era della “comunicazione corporea”. Avremo marchingegni dislocati in varie parti del corpo, a cui basteranno dei sensori per captare le nostre richieste, i nostri desideri di condivisione. E allora tutto sarà più tattile, tridimensionale… e non basteranno più i selfie a marcare il proprio territorio. Invece che un like, sulla scia delle stampanti 3D, arriverà una stretta di mano, un abbraccio, nel recupero della terza dimensione oltre la bidimensionalità virtuale.
E i profili?
Se Facebook chiuderà, ci dovrà almeno rilasciare un album dei ricordi, con tutti gli stati pubblicati, le foto in cui siamo stati taggati, i tasselli che come un archivio collettivo custodisce. Anche se, viene da chiedersi, dove stanno tutte queste cose? In un non-luogo degli Stati Uniti destinato a scomparire.
Il rischio, poi, è che nei prossimi anni Facebook si trasformi in una sorta di necrologio, con i profili che sopravvivono agli utenti, un susseguirsi di volti di un tempo che fu e che ora non sono più, con privacy violate, al di fuori del proprio controllo, della propria biografia.
E che mondo sarà senza Facebook?
Un mondo meno improntato sul reality, sui video in diretta, sull’immagine del momento.
Così come i talent show hanno preso – o ripreso – il posto dei reality come format televisivi, forse anche sulle piattaforme social si andrà più alla ricerca della qualità, piuttosto che della notorietà dell’uomo qualunque.
Chissà, qualcosa di nuovo verrà di sicuro inventato senza che adesso sia possibile nemmeno immaginarlo. Ma è certo anche che qualcosa di irreversibile si è creato, che ha segnato per sempre i modi di comunicazione.
Il nostro modo di guardare il mondo è oggi sottotitolato da Facebook, vale a dire che ogni inquadratura, anche la più intima e domestica, viene pensata in termini di condivisibilità. E un pensiero non è degno di oggettivazione se non è un “cattura-like”.
E allora?
Pollici all’insù – e cuoricini, faccine… visto che ora ci è permesso dare un po’ più di sfumature e sfaccettature alle nostre reazioni – e selfie in spiaggia à go go, finché non sarà il tempo di oscurare tutto e cercare di nuovo, nel circolo del “tutto ritorna”, il nascondimento mascherato.
Alessandra De Bianchi
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