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2° giovedì del mese | L’albero di Natale… l’ansia

Da più di un mese imperversano sui social le immagini degli alberi di Natale. Una frenesia che si è acuita negli ultimi anni. Non è ancora finita la stagione estiva che già si pensa a come addobbare salotti e negozi. Ma perché?

E tu, hai già fatto l’albero di Natale?

L’8 dicembre è stato l’apice. Come da tradizione che dura da qualche anno, il giorno dell’Immacolata è diventato quello della gara dell’albero di Natale. Con gli hashtag #siamopronti e #alberodinatale, i social sono stati invasi dalle foto di finti abeti decorati e illuminati a puntino. Di bambini con cappellini da elfo intenti a mettere le palline. Di video in time-lapse per documentare il work in progress delle decorazioni natalizie.

Ma già da tempo molte persone lo avevano fatto. Soprattutto gli inlfluencer, con le loro pacchianate scintillanti, i maglioncini inguardabili anche per il cane.

Gli unici felici forse sono i gatti, che finalmente, costretti tra le quattro mura a non poter essere spietati cacciatori, hanno qualcosa da torturare, distruggere e usare come distributore pressoché inesauribile di palline da far rotolare per casa.

Per il resto, non si capisce tutta questa ansia di fare l’albero di Natale.

Difficile, in effetti, che non piaccia avere la casa adornata da un abete, vero o finto che sia. Poter tenere le luci soffuse ed essere a tratti illuminati da quei piccoli bagliori a intermittenza. Vedere il buio dei pomeriggi invernali accendersi con gli addobbi, per le strade e per i negozi.

 

Però, le cose belle di solito sono anche effimere. Non si capisce quindi perché il clima natalizio debba durare tanto.

Una tradizione pagana, soprattutto del nord Europa, quella di decorare l’albero. I druidi celti che celebravano il solstizio d’inverno adornando gli abeti, simbolo di lunga vita per il loro essere sempreverdi. Il primo albero della storia pare sia apparso a Tallinn, in Estonia, nel 1441. Da lì in poi, fondendosi anche con i misteri cristiani che ricreavano nelle chiese l’albero di Adamo ed Eva, la tradizione è arrivata fino a noi, affermandosi nei secoli XIX e XX.

Fino ad arrivare all’overload di questa tradizione.

Alberi addobbati troppo presto, che arriveranno stanchi al 25 dicembre.

Perché, anche se perlopiù sono di plastica, questi alberelli sembrano soccombere per il peso delle palline.

Perdono perciò l’aura di magia e di festa, per diventare il simbolo di quel senso di soffocamento che precede le festività. Quando l’atmosfera si fa ansiogena. C’è più traffico, si moltiplicano i furgoni dei poveri corrieri. Bisogna fare i regali. Organizzare le cene. Fare gli auguri. E, soprattutto, bisogna fare l’albero. Prendere le scatole delle palline dai ripostigli. Quei contenitori che stanno in fondo, perché li tiri fuori solo una volta l’anno. Provare le lucine, con l’angoscia della provenienza cinese, inevitabile. E se poi l’albero scoppia? Boom, esplode il Natale. È tutto finito.

Alessandra De Bianchi

About the author

Alessandra De Bianchi

Classe 1984, due figli maschi, un gatto, un marito e una laurea magistrale in Filosofia. Lavoro: scrittura e correzione testi su commissione come libera professionista, per chiunque ne abbia bisogno. In passato: galleria d’arte, casa editrice e ufficio stampa, collaborazioni come editor, organizzazione eventi e partecipazione come autrice al romanzo In territorio nemico, minimum fax 2013.

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