Arte e Fotografia

100 anni di Modì | Dal diario segreto inesistente

Il 24 gennaio 1920 moriva a Parigi, affetto da tempo di tubercolosi, Amedeo Clemente Modigliani. Modì, Dedo, ma soprattutto un pittore e scultore italiano che in trentacinque anni era riuscito a realizzare alcune delle opere più raffinate e influenti dell’arte moderna. Di seguito un omaggio all’artista livornese, tratto dalle pagine di un diario inesistente. Un racconto in prima persona, tentativo di immedesimazione nell’uomo e nell’artista.

La vita non è stata clemente. Ho percepito l’estremo sin da piccolo. Era attorno. Sospeso come spesso il mio respiro. Necessitava di calore, di luce. Il mio sguardo di bellezza. Trovavo una radiosa lucentezza nei bordi taglienti del mondo che mi scorreva davanti. Gli oggetti come le persone fiammeggiavano allungandosi dentro i miei occhi che famelici non chiedevano altro. Si stiravano sì, rizzandosi come incendi. Van Gogh avrebbe compreso bene quel devastante guizzare verso il cielo, quasi a volerlo riempire tutto. Così scrivevo:

La Bellezza ha anche dei doveri dolorosi.

E non pensavo troppo oltre alla linea, al colore, alla testa che racchiude tutto. Guardavo le mie mani che mi coprivano il viso, poi le allontanavo, facendo fuoco sulle distanze. La luce acquisiva un peso. La sentivo lieve sulle spalle. Pesante sui profili. Su quel corpo che mi era ossessione. S’imponeva. Eppure lieve ogni contorno mi sussurrava. Parlavano quelle curve. Parlavano di piaceri inarrivabili. Parlavano in una forseta di vocabili imbastarditi di francese, d’italiano, di rime, di canzoni, mentre io fissavo il vuoto. Dove si annidavano tutti gli occhi che avevo raccolto negli anni. Tutti, Tutti lì a danzare nelle mie notti insonni. Ne parlai anche a Chaim, mentre posava per me. Gli confidai le mie apnee, le vertigini, il sangue freddo, il sudore che corre sulla pelle ardente delle febbri. Ma la grandezza. Oh, la grandezza non mi è mai mancata. Perchè non chiedete a Maurice de Vlaminck. Quante volte i nostri sguardi si sono incontrati tra i fumi dell’alcol a Montparnasse. Era il paradiso lì. Un paradiso in fiamme.

Amedeo Modigliani, Chaim Soutine – 1917

Arrossiscono. Posso capirlo. Ma davanti a me si aprivano voragini in cui percepivo chiaramente divinità silenziose e terribili. Pronte a tutto. La loro ieraticità incombente talvolta mi paralizzava. Fissavo un punto preciso dello studio alle loro spalle per ricalibrare l’intera prospettiva, per ripristinare la loro fisicità. Allora riprendevo col pennello sottile ma ingrassato dal magma di colori terracei che si erano sommati negli anni. Negli annegamenti di olio. Era Botticelli una delle ossessioni. Quella sensualità drammatica a cui non riuscivo proprio a fuggire. L’avevo visto nel freddo inverno del 1902 a Firenze ed era stato traumatico a tal punto che per l’intera giornata non riusci nemmeno a proferire parola. Decisi di chiudermi in Accademia e fissare la polvere nell’angolo della Sala di Nudo, folgorata dall’ultimo raggio di sole.

Amedeo Modigliani, Le Grand Nu – 1917

Anche perchè qui, il sole si nasconde lontano, tra i tetti fumosi e il grigio perenne del cielo francese. La pioggia poi mescolava tutto ciò che resteva della notte. E al mio ritorno non riuscivo proprio a sopportare tutti quegli sguardi puntati addosso. Così decisi di renderli inoffensivi. Divinità antiche dalle cavità orbitali neutre. Assolute ma senza giudizio. Testimoni disinnescati delle mie derive e delle mie allucinazioni febbrili. Cosa comporterebbe l’eccesso poi? Eccesso che diciamolo pure, bisogna capire, dove si pone il limite che segnala l’eccesso. Ebbene, io non percepivo nessun eccesso nell’assenzio o nel bere qualche bicchiere. Gino mi è testimone. Era il 1919. L’ultima volta che abbiamo avuto l’opportunità di scambiare due parole veloci, ci siamo stretti la mano forte, lui mi fece i complimenti per i miei canini nuovi e ci siamo detti con affetto che tutto procedeva bene, il lavoro, il matrimonio…ma prima di salutarci nei suoi occhi scintillavano lacrime che rimasero sul bordo delle palpebre e sull’orlo della mia comprensione.

Amedeo Modigliani, Ritratto di Jeanne Hébuterne – 1919

Amavo il cinema muto. Muto come gli occhi che silenziavo. Andavo con Beatrice ed era un piacere enorme commentare a voce alta sotto la pioggia tornando a casa per le strade deserte. Il quaderno  si era preso tanta di quell’acqua che mi è toccato appendere le singole pagine per tutto lo studio. La matita era colata lasciando macchie e segni illegibili sulla carta increspata. Materia. Ecco comunque sia materia. Io volevo scolpire. Quello che volevo veramente nella vita era diventare uno scultore. L’arenaria mi attraeva. Ma per domarla in qualche modo. Restituire l’assoluta meraviglia del volto di una donna. Tutta l’arte è lì. Nel volto di una donna, altro che cubi o parole in libertà. Le parole di cui mi nutro sono lì sul tavolo: Dante, Baudelaire, Rimbaud. La parola e la roccia. Guardo Noix de Coco mentre dorme e allungo la mano al portacenere dove mi attende un mozzicone di gitanes. L’accendo e osservo il fumo salire al soffito nero. Ci scorgo due occhi a fissarmi. Sorrido tra me e me, mentre torno all’impasto di colore morbido sulla tela.

Fabrizio Ajello

About the author

Fabrizio Ajello

Fabrizio Ajello si è laureato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo, con una tesi in Storia dell’Arte Contemporanea.
Ha collaborato in passato attivamente con le riviste Music Line e Succoacido.net.
Dal 2005 ha lavorato al progetto di arte pubblica, Progetto Isole.
Nel 2008 fonda, insieme all'artista Christian Costa, il progetto di arte pubblica Spazi Docili, basato a Firenze, che in questi anni ha prodotto indagini sul territorio, interventi, workshop e talk presso istituzioni pubbliche e private, mostre e residenze artistiche.
Ha inoltre esposto in gallerie e musei italiani e internazionali e preso parte a diversi eventi quali: Berlin Biennale 7, Break 2.4 Festival a Ljubljana, in Slovenia, Synthetic Zero al BronxArtSpace di New York, Moving Sculpture In The Public Realm a Cardiff, Hosted in Athens ad Atene, The Entropy of Art a Wroclaw, in Polonia.
Insegna materie letterarie presso il Liceo Artistico di Porta Romana a Firenze.

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